Chi Siamo
La Sala della Comunità
“Perché tenere ancora aperta una sala della comunità? Perché fare ancora cinema e teatro in parrocchia? Perché un volontario credente dovrebbe impegnarsi in ambito culturale? Evidentemente non per ragioni di tornaconto economico, ma perché si vede nella Sala della Comunità una finestra aperta per dialogare col mondo e nel cinema uno straordinario strumento narrativo capace di raccontare la vita, gli affetti, le paure e le speranze, i dubbi e la fede degli uomini e delle donne di oggi.”
(cf. Nota pastorale della Commissione ecclesiale per le comunicazioni sociali: “La sala della Comunità: un servizio pastorale e culturale”).
Il concetto di sala della comunità non è un modo diverso per indicare la tradizionale sala cinematografica parrocchiale. Esso racchiude la riscoperta di una vocazione propria della comunità ecclesiale, chiamata ad un dialogo franco e aperto nei confronti del mondo e della cultura di oggi.
La sala della comunità deve diventare luogo di confronto, di partecipazione e di testimonianza, espressione di una comunità viva e dinamica. Come struttura complementare alla chiesa, la sala della comunità si pone a servizio della comunione e dell’azione educativa. E’ ancora attuale l’appello del Papa: “la sala della comunità diventi per tutte le parrocchie il complemento del tempio, il luogo e lo spazio per il primo approccio degli uomini al mistero della Chiesa e, per la riflessione dei fedeli già maturi, una sorta di catechesi che parta dalle vicende umane e si incarni nelle “gioie e nelle speranze, nelle pene e nelle angosce degli uomini di oggi, soprattutto dei più poveri” (cf, Gaudium et Spes, 1) materialmente e spiritualmente)”.
In considerazione dell’utilità che questa struttura pastorale può avere per la missione della Chiesa, è necessario invertire la tendenza che ha portato in questi ultimi anni molte comunità a privarsi di spazi così importanti, alienando le sale o cambiandone la destinazione d’uso. Trascurare questo spazio di azione pastorale sarebbe segno di scarsa attenzione ai nuovi contesti sociali e culturali, come già si affermava nella nota del 1982: “Una posizione rinuciataria è non soltanto autolesionista ma è anche gravemente lesiva di una presenza qualificata della Chiesa e dei suoi figli in settori, come quelli della cultura e dello spettacolo, aventi una forte potenzialità di aggregazione e di spinta”.
Il Volontario, vera risorsa della Sala della Comunità
La sfida della tecnologia… Dove si colloca questa sfida? A che altezza ci colpisce?
Il futuro passa di qui, dicono alcuni.
In parte è vero. Non c’è nessuno – se non chi vuol essere “vintage” a tutti i costi – che proietti i film muti con l’orchestrina in buca.
Ma è “la madre di tutte le battaglie” questa sfida?
Nelle guerre tradizionali, quelle d’occupazione, la cavalleria avanza all’attacco per tentare di occupare nuove terre sfidando il nemico.
E’ chiaro che il futuro di quella guerra passi da lì, da quella battaglia, dalla prima linea. Persa quella sfida, l’avanzata si può arrestare. Da quel fronte addirittura può penetrare il nemico e colpire tutto l’esercito, nel suo cuore.
Ma quel fronte, quella battaglia, in realtà è solo una – e non la più importante – variabile per l’intero esercito, per tutta la guerra.
Il futuro passerà pure dalla vittoria su quel fronte proteso all’occupazione dello spazio nemico, ma se nel quartier generale si sta sbagliando la strategia complessiva, quell’avanzamento sarà pressoché inutile perché, ben presto, tutto l’esercito sarà spazzato via. Se l’esercito avanza vittoriosamente sul fronte ma nelle retrovie stanno venendo meno i vettovagliamenti, le forze fresche, armi e munizioni, ben presto quel fronte diverrà debole e sterile, fino a diventare porta d’ingresso per l’avversario. La tecnologia è sicuramente il futuro. Ma la sfida del futuro non si vince con la tecnologia, solo con la tecnologia. La sfida si vince con un progetto complessivo sulla sala.
E’ impensabile non aggiornarsi tecnologicamente, ma se la sala è programmata con l’unico criterio di dare qualche spettacolo e di far girare le macchine, si vincerà la battaglia della tecnologia ma si perderà la guerra del senso complessivo dell’impresa. Se il gruppo che gestisce la sala trovasse i soldi per la digitalizzazione del complesso di proiezione, ma non trovasse le idee per diffondere con efficacia la cultura cristiana in quel territorio si vince la singola battaglia ma si perderà ben presto la guerra.
Se i volontari della sala sostengono la corsa per essere al passo con le multisale e il resto della concorrenza, ma non si impegnano a sostenere la corsa con le sfide e i cambiamenti pastorali delle parrocchie in cui sono inserite, si vince la singola battaglia ma si perderà la guerra. Se la sala della comunità si presenta con tutte le più moderne tecnologie, ma non sa presentare allo spettatore il proprio bel volto umano, la sua capacità di accogliere e di entrare in relazione con l’utente, fino a renderlo parte di una comunità, si vince una battaglia ma si perde la guerra. Se gli operatori e tutti i volontari curassero la propria formazione tecnologica fino a diventare i massimi esperti in tecnologia, ma non si formassero più sul linguaggio cinematografico e teatrale, sulla loro valenza pastorale, sulle norme, i regolamenti, i rapporti con le istituzioni, si vincerebbe la singola battaglia e si perderebbe la guerra.
Se la sala coltiva i rapporti con chi propone e produce tecnologia, ma non cura i rapporti con la Diocesi, l’ACEC, il proprio Sas, l’Ufficio comunicazioni sociali, può darsi che vinca la battaglia della tecnologia, ma perderà la guerra della sua presenza significativa.
Dobbiamo vivere la battaglia del digitale e continuare a combattere tutte le altre battaglie specifiche della nostra storia e della nostra realtà.
Una vera Sala Della Comunità raccoglie in se questi aspetti:
- Dialogo progettuale con le parrocchie e i decanati
- Cura per l’inserimento di nuovi volontari
- Dialogo con il territorio
- Cura delle relazioni umane
- Formazione artistica e pastorale
- Insieme alla sfida tecnologica irrinunciabile.
Così si vince la sfida della tecnologia e insieme si vincerà la guerra della presenza da protagonisti.
Per far ciò, è importante investire nel fattore umano, come più volte ho sottolineato. Il "fattore umano", a volte trascurato in favore delle risorse tecnologiche, è fra gli elementi che garantiscono il successo di un’impresa. E’, invece, fondamentale mantenere alta l'attenzione sulle persone. Gli strumenti tecnologici facilitano certamente lo scambio dati e la collaborazione, ma non possono sostituire le persone.
Formazione Acec
L’associazione Cattolica Esercenti cinema della Lombardia sta da tempo lavorando, mediante lo strumento del centro servizi ACEC, per favorire lo sviluppo delle Sale della Comunità nelle province lombarde.
La Sala della Comunità si pone come missione non la semplice offerta di intrattenimento, bensì, mediante l’esperienza artistica del cinema, del teatro, della musica, quella di portare in contributo alla crescita umana e culturale delle persone che la vivono da animatori o da utenti, della comunità Cristiana in cui è inserita, del territorio sul quale la sala opera.
Un compito possibile non solo grazie alla buona volontà e alle positive intenzioni, ma anche grazie a progetti in dialogo con la comunità e il territorio, e che hanno di Mira la formazione di coloro che della sala sono i protagonisti: i volontari e tutti gli operatori. Per loro il Centro Servizi ACEC ha ideato, realizzato ed offerto un insieme di strumenti e opportunità volti a sostenere ed incentivare la sala intesa come “progetto sociale e culturale”.
E’ in questo quadro che si inserisce l’iniziativa che presentiamo in questa brochure e che ha per oggetto l’ideazione e la realizzazione di un percorso formativo interamente rivolto alle persone che lavorano nelle sale e per le sale.
Nato da una lunga attività di ascolto e progettazione, il percorso formativo è un ulteriore passo in avanti che si compie per accompagnare il lavoro di riscoperta, ridefinizione progettuale e consolidamento di celle sale chiamate fino a poco tempo fa “cinema parrocchiali”, che si ripropongono ora quali luoghi di incontro e condivisione, di produzione e offerta culturale, di impegno a servizio della cultura e delle persone, tutte espressioni queste della presenza operosa, creativa e aperta al mondo delle comunità cristiane che le hanno generate.
Il percorso formativo che ora viene posto a servizio di chi si impegna nelle sale è un progetto che per dimensioni, prospettive e valenze, può certamente dirsi ambizioso. E’ ambizioso perché offre un ventaglio di corsi di formazione che interviene a sostegno di tutte le fasi del ciclo di gestione di una Sala della Comunità; è ambizioso nella misura in cui intende essere uno strumento diffuso sul territorio regionale; è ambizioso nella misura in cui vuole abbattere le principali barriere di accesso che gli operatori delle sale potrebbero incontrare per frequentarli, offrendo i corsi gratuitamente e di sabato, per facilitare la partecipazione a tutti.
Questa ambizione ha dato però vita ad un progetto concreto e sostenibile, grazie soprattutto al prezioso contributo della Fondazione Cariplo che, avendo creduto sin dall’inizio nell’importanza del lavoro del Centro Servizi ACEC Lombardia, oggi ci mette nelle condizioni di poter offrire agli operatori delle sale un ventaglio di corsi di formazione di alto profilo tecnico, distribuiti su tre poli didattici.
Siamo consapevoli dell’importanza che ricopre questa iniziativa, così come siamo certi che servono ulteriore costanza, attenzione, ascolto e impegno per aiutare le sale ad assumere un profilo identitario preciso e a radicarsi ancor più nel territorio: per mettersi più efficacemente a servizio di una comunità, per proporre in offerta culturale specifica, frutto di una tradizione locale e della conoscenza quasi personale dei desideri e dei bisogni più autentici di chi vive intorno alla sala.
Il percorso formativo …. è il punto di partenza per far sì che coloro che regalano tempo e passione alla Sala della Comunità dispongano di strumenti per crescere personalmente, adeguare la propria sala ai tempo, servire meglio la cultura della comunità e del territorio.
Don Davide Milani
Delegato Regionale ACEC Lombardia
Ha un futuro la salacinema?
13 settembre 2016 di: Arianna Prevedello
ACEC – Associazione cattolica esercenti cinema
Il cinema monosala del futuro esiste ed è un sistema aperto: polivalente, multimediale, resiliente. Dove trovare modelli, progetti pilota, scenari culturali ed economici effettivi? Alla 73ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, a rispondere con dati e un paradigma concreto è ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema, www.acec.it), la rete di 804 Sale della comunità, al meeting “Il futuro della sala cinematografica”.
La Sala della comunità come risorsa in un mondo che cambia, tenutosi sabato 3 settembre, è stato realizzato in collaborazione con Old Cinema, il primo progetto nazionale sui cinema perduti e le città-cinematografo del futuro (www.oldcinema.net), e Luce Cinecittà. Molti gli interventi illustri: il prof. Stefano Boeri e figure di primo piano del Politecnico di Milano (prof. Luca Maria Francesco Fabris), dell’Università Cattolica (prof.ssa Mariagrazia Fanchi), e inoltre dei presidenti di ACEC (don Adriano Bianchi), ANEC (Luigi Cuciniello), AGIS (Carlo Fontana) e FICE (Domenico Dinoia).
All’incontro, ACEC ha presentato in anteprima i dati della nuova ricerca condotta dall’Università Cattolica di Milano sulle 804 Sale della comunità attive in Italia, distribuite per il 65% nelle periferie delle nostre maggiori città. Queste sale, dai primi del Novecento un «autentico presidio culturale di tante piccole comunità italiane» (Dario Franceschini, Ministro dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, 27/03/15), si rivelano non solo longeve (attive per il 21% da 20-40 anni; per il 33% da 40-60 anni; per il 17% da oltre 60 anni), ma anche capaci di attivarsi ex novo o di riattivarsi (il 18% opera da 10-20 anni; l’11% ha aperto negli ultimi 10 anni). Non solo: sono state tra le prime a compiere il grande passo verso la digitalizzazione e la multimedialità (sono digitalizzate con tecnologia DCI 2K/4K 600 sale su 804).
Sorprende quindi la vitalità di questi spazi, tra “missione” culturale e umana, rinnovamento e capacità di far rete con il territorio, in un’epoca di crisi e di chiusure: un fenomeno controcorrente, subito abbracciato da Old Cinema, il progetto sui cinema perduti che, dal 2012, lavora alla rigenerazione delle sale con monitoraggi, ricerche, eventi e iniziative di accelerazione d’impresa ispirate al genius loci del cinema, e che, dal 2015, intreccia parte della sua attività con quella di ACEC.
Al Lido si sono presentati i risultati del primo step della ricerca dell’Università Cattolica (articolata in tre fasi), riguardante natura, posizionamento, offerta e pubblici delle sale ACEC.
Questi gli elementi distintivi delle Sale della comunità: una distribuzione capillare sul territorio nazionale (804 sale); una presenza massiccia nelle periferie urbane (nelle città con più di 100.000 abitanti, il 65% si concentra nei distretti più esterni, di cui spesso sono unici epicentri socioculturali); un profilo intergenerazionale (utenti adulti per 92,06% delle sale; bambini sotto i 9 anni per il 53,97%; spettatori tra i 10 e i 14 anni per il 40,87%; over 65 per il 34,13%); un’offerta culturale polivalente (che al cinema affianca teatro, musica e conferenze); il dialogo con il territorio anche attraverso le ospitalità offerte a terzi (attività scolastiche nell’88,24% delle sale; iniziative di enti pubblici locali per il 74,63%; attività di associazioni locali nel 76,47% degli spazi; oltre alle centinaia di circoli di cultura cinematografica). Peculiare anche l’attenzione a un target familiare e per bambini (film per famiglie nel 97,55% delle sale; film per bambini nel 93,63% delle sale; film adatti a suscitare dibattito nel 90,69% dei casi; film dai temi emergenti nel 88,24% delle sale).
«Le sale della comunità rappresentate dall’Acec sono dei presidi culturali e sociali che sono al servizio di tutta la comunitàpresente sui territori di competenza» sottolinea don Adriano Bianchi, presidente di ACEC. «Le Sale sono così vitali grazie ai 25.000 volontari – tra di loro moltissimi giovani – che mettono a disposizione delle Sale il loro tempo e la loro passione sociale e culturale». Dal mondo delle Sale della comunità affiora così l’identikit di uno spazio cinematografico multimediale e polivalente, vincente per la capacità di rinnovarsi: un possibile prototipo di gestione.
L’evidente punto di forza è la resilienza: permeabilità al cambiamento e trasformazione della crisi in opportunità. Per questo, all’evento si presenta anche il protocollo d’intesa stretto nel 2015 da ACEC, Old Cinema e Politecnico di Milano-DASTU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani) con l’obiettivo comune di creare una piattaforma di studi sulla rigenerazione delle sale, l’accesso ai fondi ministeriali, ma anche la ricerca di nuove forme di finanziamento al cinema. La convenzione fa seguito alla precedente collaborazione tra Old Cinema e Politecnico di Milano – DASTU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, www.dastu.polimi.it), in corso dal 2015 con la creazione congiunta di convegni e seminari universitari sullo stesso tema. Le chiavi per aprire la sala del futuro sono dunque il cinema e l’immaginazione, ma anche la polivalenza, la tecnologia e il confronto con l’altro.